Presentazione dello spettacolo
Il plurale del titolo si riferisce a due artisti, Pina Cazzaniga e Benedetto Ravasio, compagni sulla scena e nella vita, che con testardaggine mollarono la sicurezza economica che veniva da una vita da fornai, per scegliere, negli anni ’40, un’arte di strada popolare e dura.
Una storia, la loro, ormai dimenticata. Ma potentissima. Radicata nella terra bergamasca e ancora di più in quella lombarda. Una storia a matriosca, che dentro ne contiene tante altre, sempre più piccole e intime.
La storia del teatro popolare e della Commedia dell’Arte e dentro la Seconda Guerra Mondiale e poi l’avvento della televisione e del miracolo economico. La storia d’Italia insomma. Attraverso la scoperta di un ragazzo di amare l’arte nelle sue forme più variegate: pittura, scultura, musica e teatro. E la povertà dei paesi della bassa bergamasca, tra cascine, nebbia, polenta e pica sö.
L’innamoramento di due giovani, Benedetto e Pina, figli di due fornai concorrenti: Romeo e Giulietta in versione bergamasca. Il loro amore, fatto di farina, levatacce e otto figli da sfamare. E una vocazione, che bussa sempre più forte, fino alla frattura con il mondo intorno. Perché è dura fare l’artista in una terra dove “sei, solo se fai”. Ma una voce chiama. Sempre più forte. Così succede a Benedetto Ravasio. Che sceglie il teatro, scardinando una vita già scritta. E sua moglie Pina dice “sì”, e diventa parte integrante di quel mondo. Lei, che prima d’allora non aveva mai visto un burattino. E’ la prima volta che succede: una donna che entra in baracca accanto al suo compagno, per dare voce ai burattini, artista alla pari. Lei, Pina Cazzaniga, è il fuoco di questa storia, la vera rivoluzione.
Lei, la prima donna burattinaia in Italia, a farlo di mestiere, a ricevere nel 2011 il premio alle Donne del Teatro di Figura dal Presidente della Repubblica. Pina e Benedetto arriveranno a recitare, unici burattinai della storia, al Teatro alla Scala di Milano.
E poi nei festival internazionali di teatro di figura. Senza mai dimenticare la loro origine. Quell’impasto di alto e basso, di lingua e dialetto, di terra e farina, di grandi teatri o portici di una cascina. Come nella grande tradizione del teatro popolare di ricerca.